Il muro di Marola: il mare è a 50 metri. |
Prima del muro
Le leggende antiche ci narrano di un forte sulla cima del monte Marino, oggi Castellana, da dove una donna decisa e spietata governava le terre vicine. E più in basso in riva al mare un paese. In una notte di pioggia e tempesta la donna, chiamata Malaura, partorì un neonato con la coda e una grande frana seppellì e distrusse la cittadina.
Un nuovo abitato sorse allora sul mare, chiamato prima Malora e poi Marola.
L'archeologia ritrova i resti di un insediamento romano nella piana di S.Vito, proprio ai piedi di Marola, probabili edifici termali e sculture, oggetti e monete. Due sarcofagi altomedievali con elmi e spade.
La storia ricorda l'antichissima chiesa di S.Vito: quando il vescovo di Luni nel 1235 dà il suo consenso alla riedificazione dell'edificio di culto, probabilmente risalente a tempi paleocristiani o altomedievali e andato distrutto durante le incursioni saracene o normanne.
L'antico nome della piazza centrale di Marola, "Paraso", suona simile al nome ligure del palazzo del feudatario: "paraxo".
Il mare è fonte di vita, ricchezza e lavoro. Fino alla metà dell'Ottocento i marolini navigano e trasportano soprattutto marmo grazie alla loro flotta di undici bastimenti. Nel 1840 la scuna Aurora arriva sino a San Pietroburgo.
La spiaggia di fronte alla chiesa e all'adiacente paesino di S. Vito viene, tra le altre, usata per caricare il materiale a bordo.
È il secondo centro dopo la vicina città della Spezia, raggiungibile passeggiando sul bel viale a mare all'ombra delle acacie, amato dagli spezzini e così bello da diventare quadro sulle tele di Agostino Fossati.
Nel 1860 verrà decisa la costruzione del Regio Arsenale.
L'antica linea di costa, il muro, le case e in grigio il borgo di San Vito raso al suolo. |
Ma questa è già un'altra storia, non più quella di Marola ma quella di un paese assurdo e senza possibilità. Una storia che continua ancora oggi.
Attività militari ed economie locali
Il militare non porta sviluppo. Ci è sempre stato detto il contrario. Ma non è vero. È un trucco. Infatti attività militari e relative ricadute possono portare sviluppo nei deserti o tra lande innevate, dove nessun uomo sano di mente abiterebbe e nessuna industria si installerebbe. A esigenze di posizionamento strategico e di riservatezza si deve lo sviluppo di Los Alamos o dei dintorni della base di Nellis, l'"area 51". Così come la Siberia gode di un impulso demografico dato dalle basi segrete sovietiche. E a fronte di un altro tipo di "ricadute", quelle radioattive, c'è comunque da chiedersi se ne valeva la pena.
La situazione spezzina è ben diversa: la contrazione del numero di abitanti, un'economia locale stagnante o che, peggio, vede uscire dal territorio la disponibilità di denaro attraverso gli ipermercati. Continuando su questa strada la città è destinata ad implodere.
Eppure Spezia è sul mare, elemento che da sempre rappresenta il potenziale di ricchezza che le comunità costiere trasformano in ricchezza concreta. Il punto è che il mare non è accessibile: la costa è per lo più zona proibita, militare. La Marina Militare infatti proprio dal mare ha tratto la possibilità di svilupparsi, fino al punto di creare stabilimenti balneari rigorosamente riservati ai propri membri. Consumando costa a discapito della città e dei suoi abitanti.
Un altro muro al Varignano, Le Grazie |
E dire che la soluzione esiste ed è tra l'altro l'unica possibile: liberare dalla servitù militare tratti di costa strategici per lo sviluppo del territorio. Cosa possibilissima, visto che le poche attività della MM potrebbero essere svolte in una superficie pari al 10% dell'area oggi occupata.
I litorali sottratti e le terre espropriate, restituiti ai cittadini tutti, sono la chiave per uno sviluppo ecnomico duraturo e senza consumo di territorio. Un passo determinante che riporterebbe Spezia nella sua reale posizione socio-economica di città di mare, strappandola alla condizione da paesotto depresso dell'Arizona, in cui la presenza di aree militari inutili l'ha costretta per troppi anni.
Lo scandalo di Campo in Ferro
Campo in Ferro è il nome di una discarica inquinante della Marina Militare. Tutto il Dipartimento dell'Alto Tirreno ha scaricato rifiuti in quello che era un tratto di mare. Non un tratto qualsiasi, ma in uno dei luoghi che fu tra i più caratteristici e interessanti dell'intero golfo della Spezia. È la zona della Polla di Cadimare, dove sgorgava una famosa risorgiva con una portata così considerevole da innalzarsi sopra il livello del mare ed essere segnata sulle carte nautiche.
Dopo trent'anni di rifiuti e sostanze pericolose abbandonate, l'area risulta interrata e dominata da vere e proprie montagne di rifiuti. Nel 2003 la magistratura interverrà per chiarire la natura di un simile scempio, mentre la Marina Militare fornirà curiose giustificazioni e rassicurazioni: non si tratta di rifiuti "in quanto residuo di produzione o di consumo, riutilizzabile in analoghi o diversi cicli produttivi senza interventi di trattamento o di recupero". E i materiali che "potrebbero dare luogo a colature inquinanti quando esposti a pioggia vengono conservati in appositi cassoni metallici stagni".
I periti d'ufficio, troveranno ben altro scenario: arsenico, mercurio, amianto, uranio impoverito, sorgenti radioattive, PCB, e inquinamento da idrocarburi sino a sei metri sotto la superficie. In alcuni casi la concentrazione di idrocarburi risulta centinaia di volte sopra il limite di legge per le aree industriali. Le acque sotterranee risultano inquinate.
Le montagne di rifiuti verranno asportate, come i rifiuti radioattivi, tramite l'intervento di personale specializzato. Ma tutto il resto viene coperto con dei teli per impedire che la pioggia dilavi sostanze inquinanti sino in mare e per evitare che le stesse evaporino circolando in aria.
La bonifica tarda a venire, come azione concreta, ma anche come idea: nel 2011 l'ammiraglio Campregher, durante il suo effimero incarico alla Spezia, parla alla stampa di tombamento e non di bonifica.
Mentre la Marina Militare continua a nicchiare su questo punto, la Polla di Cadimare continua sotto la discarica a sfogare acqua in mare. Se ne possono immaginare gli effetti.
(Altre) Situazioni assurde
-le zone militari balneari
L'installazione militare di Maralunga: palesemente inalienabile, se lo scropo è avere un bagno a spese dello Stato. |
Si tratta di fatto di bagni e stabilimenti balneari ad uso esclusivo del personale difesa.
In un golfo saturato di zone proibite per difendere la patria, si scopre non da oggi che alcuno servono esclusivamente a difendere l'abbronzatura.
Sull'isola Palmaria la base strategica dell'Aeronautica Militare (Pozzale), in realtà un campeggio con molto cemento su un'isola dove è proibito edificare, con tanto di traghetto dedicato che parte dall'installazione militare semideserta di Cadimare. Sempre sulla Palmaria, certo non ricca di spiagge si aggiunge il bagno riservato sottufficiali di Marina (ufficialmente "stabilimento elioterapico") con rifornimento d'acqua dolce giornaliero tramite la motonave militare Bormida (A 5359), a spese di tutti i cittadini.
Dietro Lerici, la punta di Maralunga: lo stabilemento elioterapico strategico inalienabile. Il bagno per gli ufficiali. Il tutto murando vivi interi paesi e lasciando ben pochi avanzi di costa e restrizioni per l'accesso alla riva ai cittadini. Così funziona: togliere mare agli abitanti per farci l'estate a bagno, farsi parchi giochi in un golfo saturo di presenza militare che occupa spazi per ragioni già raramente accettabili, ma alcune meno di altre.
-la curva
Un simbolo dei rapporti di forza tra militari e civili |
Teatro di incidenti spesso mortali, il tracciato era indubbiamente da modificare, essendo nato a misura di muro e non di fisica degli autoveicoli. La scelta era tra sbancare mezza collina e continuare ad avere una doppia curva comunque stretta o accordarsi con la Marina Militare sull'apertura della porta e un nuovo percorso nell'abbondate spazio retrostante, in cui possono stare quattro corsie. Ma anche una modifica del muro di cinta, storico magari, ma in teoria la salvaguardia della vita umana dovrebbe aprire qualsiasi porta e abbattere qualsiasi muro. Ma emblematicamente la porta non si è mai aperta, e forse nessuno degli "addetti ai lavori" civili ha neanche mai pensato di chiedere di aprirla. La collina è stata costosamente sbancata e l'angolo dell'area militare con il suo rottame -certo strategico- dietro al porta è potuto rimanere illibato. Un'immobilità a caro prezzo.
-S.Francesco il Grande
La facciata della chiesa e il convento |
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