Se n'è persa la memoria collettiva, ma alla Spezia c'era una sentitissima tradizione del Carnevale. Con tanto di Re, Principessa e nozze con la maschera spezzina Batistòn. La sfilata che andava al mare nella speranza di salvare il sovrano dall'improvvisa malattia ai polmoni (male tipico nel passato ma che alla Spezia è purtroppo rimasto più attuale che altrove, per via dell'amianto) era accompagnata da canti che toccavano critici e pungenti le faccende e la vita del tempo. Con l'arrivo dell'arsenale e le grandi trasformazioni che hanno quasi cancellato le identità locali, il Carlevà andò perduto.
Risorse per breve tempo negli anni '90 dell'Ottocento, una sorta di moto di resistenza di un mondo e di un passato che andavano scomparendo, schiacciati dalle servitù militari e dalle demolizioni. Quell'ultima scintilla di Carnevale spezzino vanta cansonete scritte da Ubaldo Mazzini, che ci lascia, con l'ironia dissacrante e solo apparentemente spiccia delle nostre zone, il quadro dei cambiamenti di quegli anni, tutt'altro che indolori: nella canzonetta per l'anno 1891 troviamo i campi da coltivare che non sono più buoni a causa delle costruzioni impostate dal genio militare, il demolire di forti e case antiche, il comune che collassa per i costi delle varie opere tra cui la costruzione delle ca' operaie, le banche che prima non c'erano e falliscono trascinandosi dietro negozi e famiglie. La consapevolezza che la vecchia Speza era una città piccola sì, ma più in equilibrio con se stessa e il suo territorio, dove:
"Pogassè se travagiava,
a ne digo defeente;
ma poi tuti, a l'avé 'n mente?
tuti i favo o lunedì.
Quando vense o darsenale,
quando i feno a diga en mae,
quando vense a comandae
tuti queli dai galon,
tuti quanti i se credevo
che la fusse na cucagna,
e l'è sta na pessa bagna
per noiautri, poi spezin!"
Nel passato tra le due principali entità del golfo, Regia Marina e abitanti (di un Regno), sono stati i secondi a lasciare il passo vedendo scomparire parte della loro terra dietro a recinti. Vedendo scomparire il mare, la vera ricchezza di questi luoghi, dietro a un muro. E, tra le altre cose, perdendo il Carnevale. Più di cento anni dopo c'è l'occasione di ristabilire un equilibrio più vivibile e con maggiori potenzialità di crescita tra Marina Militare e cittadini (di una Repubblica). Non è il caso di perderla. Per questo le recenti voci su cantieri navali a Campo in Ferro non dovranno diventare realtà: sarebbe il vecchio rapporto di forze con "queli dai galon" che comandano senza tenere in alcun conto non solo le opinioni, ma anche la semplice esistenza dei cittadini, che tornerebbero sudditi.
Intanto, oggi che è Martedì Grasso, immaginare una sfilata di maschere che scende al mare di una Spezia antica, ci serve. Infatti "In questo momento, nel quale la città sta cambiando perché non è più e non potrà più essere solo militare, la consapevolezza del passato, della propria storia, del proprio patrimonio di terra e di cultura può aiutare a trovare l'energia necessaria a decidere lucidamente per il futuro.
Un po' come quando un bimbo arretra per la rincorsa di un salto."
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