"Ammiraglio si avvicinano!"
"Come è possibile?? Dove sono i nostri torpedinieri?! Perché non li fermano??"
"Sono in difficoltà signore! Motori in avaria, erano fermi da troppo tempo!"
"Dannazione, mi metta in contatto coi sommergibili!"
"Ci sto provando signore, ma le comunicazioni sono interrotte!"
"Maledetti, maledetti! Con quelle loro barchette a remi, cosa vogliono eh? Cosa? Con che diritto?.. Presto, mi passi Maribase!"
"Signorsì!"
"Maribase da Ammiraglio! Rapido ragguaglio!"
La cornetta emetteva un fruscìo tremendo.
"Signore, le linee di difesa hanno ceduto! tzzzzz tzzzzz ...muro in pezzi! tzzzz sono ovunque, sono tantissimi...tzzzzz stanno piantando... alberi.... tzzz non riusciamo a -tlaac"
Dall'auricolare uscì un fischio acuto, l'ammiraglio l'allontanò da sé con una smorfia.
"Terribile... terribile..."
"Signore..." si strinsero intorno gli ufficiali.
"Anche l'Arsenale è caduto in mano ai ribelli..."
Si fece un silenzio di tomba e l'aria si riempì di quella tensione che indurisce il respiro.
Non c'era più speranza. Ora non c'era più nessun appiglio per una qualche illusione.
"Prima che la comunicazione si interrompesse, il comandante mi ha detto che stavano piantando alberi..."
La cerchia di ufficiali fu ulteriormente scossa.
"Ma allora... non hanno pietà..."
"Per fortuna l'area è così cementificata e inquinata che stenteranno a prendere, maledetti alberi..."
"Signore..."
"Lo so, lo so. Da qui non abbiamo via d'uscita. Quest'isola è la nostra ultima roccaforte... e loro sono laggiù che si avvicinano con quelle bagnarole senza motore, nonostante la pioggia... remano."
"Resisteremo a oltranza! Ma signore, lei non deve cadere nelle mani dei rivoltosi!"
Ci fu un attimo di commozione.
L'ammiraglio restò in silenzio, poi si voltò ed uscì dalla sala, percorse il lungo corridoio di pietra, salì la scaletta e uscì all'aria sotto la pioggia sottile dell'autunno. Il grigio del cielo veniva rotto da nuvole contorte, scure. Si fermò su un poggio, da lì si vedeva l'altra isola dai cui lati sgorgava un luccicare di fari, fanali e luci delle piccole barchette a remi, che dondolavano forte sul mare color piombo. E si avvicinavano. Si vedevano delle bandiere arancioni.
"Ah! Non sopporto la vista di quel colore!"
Strinse le mani sugli occhi e scappò verso la sua residenza, si chiuse dentro. Non sapeva cosa fare... Poi si rincuorò, pensò ai Romanov rovesciati dalla rivoluzione, ai reali di Francia: "Dovevano sentirsi come me ora". E considerando quella compagnia come degna di ammirazione fu molto soddisfatto di essersene autodichiarato un simile.
Era sempre stato abile a dirsi le cose da solo. E anche gli altri spesso ci credevano.
Si riordinò la divisa e si adagiò sulla poltrona, era stanco e doveva solo aspettare.
Tra il frusciare del mare si fece sempre più distinto il vocìo che saliva dalle barche e poi il rumore degli scafi l'uno vicino all'altro, parabordo contro parabordo.
E poi i passi rumorosi, le risate e le grida, gli scambi concitati.
L'ammiraglio piegò la bocca in giù e mormorò stizzito "La... popolazione..."
All'improvviso si spalancò la porta facendo entrare la luce dura di una giornata d'estate, si fece avanti una ragazza seguita da bambini, bambine e uomini e donne con le macchine fotografiche al collo e i cappellini per il sole. Si disposero a semicerchio davanti alla poltrona.
"Questa era la residenza dell'ammiraglio, quando queste isole e il golfo erano sotto il controllo militare e la popolazione non poteva accedere al mare. Pensate non si poteva neanche sbarcare su quest'isola!"
I turisti scattarono le foto col flash. Un bambino si avvicinò alla poltrona e fissò il pupazzo con la divisa blu, un cartellino accanto specificava 'ammiraglio'.
"Mamma ma questo signore voleva il mare tutto per lui?"
"Sì, per sé e pochi amici"
"Perché?"
"Questo non lo ha mai capito nessuno, ma lo voleva solo per sé"
"E tutti gli altri?"
"C'era un muro che li teneva lontani"
Il bambino fissò la faccia del pupazzo con un'espressione di rimprovero.
"Non si ruba il mare!"
Poi ritornando dalla mamma si voltò a riguardarlo e prese a ridacchiare "Che buffo vestito! Che buffo vestito!"
I turisti uscirono e la porta ricreò il buio. Il pupazzo rimase a fissarlo.
L'ammiraglio si svegliò di soprassalto col cuore in gola. Accese la luce sul comodino. Ancora quel maledetto incubo. Si mise a sedere contro la spalliera del letto, inforcò gli occhiali e prese il giornale subito sotto, era già aperto alla pagina giusta, cercò le righe tranquillizzanti "nessuno vuole mandare via l'Arsenale, ma solo liberare il fronte mare dei paesi murati vivi e vedere restituite le aree inutilizzate alla popolazione..." ecco, già bastava. "Non tutto, solo un po'... non tutto..." ripetè per rallentare il cuore. Avrebbe voluto avere informazioni più chiare, ma per ora in piena notte andava già bene così. Si risdraiò, allungando la mano spense l'abat-jour, la coperta bene in alto sotto il mento respirando profondamente. Il sonno sarebbe tornato. Nel frattempo avrebbe fissato il buio.
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