C'è gente che non
gradisce avere seduto a fianco qualcun altro. Così quando va in
treno, al cinema, in un pub, mette un indumento a occupare posti in
realtà liberi. Di solito il cappello.
La versione dispendiosa di
questo trucco è molto in voga negli ambienti militari della marina
alla Spezia. Solo che invece delle sedie c'è il territorio e al
posto del cappello si usa ogni sorta di catafalco corredato di
relativa scusa.
Ad esempio la caserma Duca
degli Abruzzi si è svuotata con la sospensione del servizio di leva
(già allora non era usata tutta) e la città ha bisogno di spazi,
magari per l'università: sarebbe una sede ideale, questa caserma, ma
ecco che la marina militare ne ha, improvvisamente, un assoluto
bisogno: deve farci un asilo. Di tre stanze, riservato a figli di
militari. E allora non può restituire l'area alla comunità.
Di fronte a Marola, dove i
cespugli rotolano nelle aree militari deserte, alla domanda 'che vi
serve questa zona' segue lo spostamento alla chetichella di naviglio
che galleggia a stento proprio lì, nell'area in questione. così
diventa per magia, importante, "strategica" e "pienamente
utilizzata".
Un classico sono le navi
in disarmo, accatastate di fronte al paese in attesa di "compratori
stranieri interessati". Che se la prendono molto comoda.
Una chicca quella dei
lavori per il 'parcheggio Cavour', progettato apposta per la
pseudo-portaerei, che "verrà a-La Spezia": il parcheggio
come cappello, la Cavour come l'amico che deve arrivare. e il finale
è scontato.
Ancora: le Vasche di
S.Vito o la 'banchina carbone' sono aree inutilmente militari, che
fare? Ridarle alla città o fare una nuova capriola per tenersi il
posto? La seconda, ovviamente: una volta cercando di creare un
porticciolo per il circolo ricreativo della difesa, un'altra tentando
l'installazione del gruppo aeronavale della Finanza.
Il tutto sempre
lasciandoci a languire strangolati dal muro, Spezia potrebbe anche
desertificarsi e finire abbandonata che le menti più eccelse della
politica murofila non si riterrebbero responsabili. Par di vederli
con le facce ingenue domandarsi "che c'entriamo noi se non c'è
sviluppo?!".
Questa è la volta dei
pannelli solari. Aree inutili alla Difesa (sempre le stesse): pur di
non restituirle alla popolazione verranno usate per produrre
elettricità col fotovoltaico. Un fotovoltaico per militari.
L'esposizione solare non è il massimo, i costi alti e i tetti in
eternit. Più diversi capannoni vincolati come beni culturali.
Ormai indifendibile l'uso
di una superficie così grande per l'ombra di attività che si svolge
in arsenale, ecco che, improvvisamente, spunta un "progetto"
che ha bisogno proprio di superficie.
Il messaggio reale di
questa ennesima mossa 'di cappello' è: prima vi impedivamo l'accesso
al mare per difendere la patria (bellovero!), ora ve lo impediamo per
risparmiare sulla bolletta.
E se non non era lecito
soffocare il nostro paesino e la città usando come scusa la patria,
figuriamoci con la bolletta.
Lo spregio per le reali
necessità, non più rimandabili, dei cittadini è insito in questi
progetti buoni solo per il mondo irreale che alberga nella testa di
chi li propone: di quei soldi spuntati a sorpresa per il fotovoltaico
qui abbiamo bisogno per bonifiche dell'amianto, per la bonifica a
campo in ferro... due "problemini" per cui la marina
militare non è mai disposta a spendere.
Abbiamo bisogno di spazi a
mare per uscire dallo stato di blocco dell'economia locale e, in tre
parole, per poter vivere.
È grottesco che
l'istituzione che si propone di difendere i cittadini, finisca per
trattarli come una sorta di minaccia o un fastidio da ignorare ed
eludere.
Noi cittadini siamo lo
Stato. E abbiamo bisogno che la marina militare ci lasci vivere.
Sarebbe il suo dovere.
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