venerdì 15 giugno 2012

Il trucco del cappello


C'è gente che non gradisce avere seduto a fianco qualcun altro. Così quando va in treno, al cinema, in un pub, mette un indumento a occupare posti in realtà liberi. Di solito il cappello.
La versione dispendiosa di questo trucco è molto in voga negli ambienti militari della marina alla Spezia. Solo che invece delle sedie c'è il territorio e al posto del cappello si usa ogni sorta di catafalco corredato di relativa scusa.

Ad esempio la caserma Duca degli Abruzzi si è svuotata con la sospensione del servizio di leva (già allora non era usata tutta) e la città ha bisogno di spazi, magari per l'università: sarebbe una sede ideale, questa caserma, ma ecco che la marina militare ne ha, improvvisamente, un assoluto bisogno: deve farci un asilo. Di tre stanze, riservato a figli di militari. E allora non può restituire l'area alla comunità.
Di fronte a Marola, dove i cespugli rotolano nelle aree militari deserte, alla domanda 'che vi serve questa zona' segue lo spostamento alla chetichella di naviglio che galleggia a stento proprio lì, nell'area in questione. così diventa per magia, importante, "strategica" e "pienamente utilizzata".
Un classico sono le navi in disarmo, accatastate di fronte al paese in attesa di "compratori stranieri interessati". Che se la prendono molto comoda.
Una chicca quella dei lavori per il 'parcheggio Cavour', progettato apposta per la pseudo-portaerei, che "verrà a-La Spezia": il parcheggio come cappello, la Cavour come l'amico che deve arrivare. e il finale è scontato.
Ancora: le Vasche di S.Vito o la 'banchina carbone' sono aree inutilmente militari, che fare? Ridarle alla città o fare una nuova capriola per tenersi il posto? La seconda, ovviamente: una volta cercando di creare un porticciolo per il circolo ricreativo della difesa, un'altra tentando l'installazione del gruppo aeronavale della Finanza.

Il tutto sempre lasciandoci a languire strangolati dal muro, Spezia potrebbe anche desertificarsi e finire abbandonata che le menti più eccelse della politica murofila non si riterrebbero responsabili. Par di vederli con le facce ingenue domandarsi "che c'entriamo noi se non c'è sviluppo?!".

Questa è la volta dei pannelli solari. Aree inutili alla Difesa (sempre le stesse): pur di non restituirle alla popolazione verranno usate per produrre elettricità col fotovoltaico. Un fotovoltaico per militari. L'esposizione solare non è il massimo, i costi alti e i tetti in eternit. Più diversi capannoni vincolati come beni culturali.
Ormai indifendibile l'uso di una superficie così grande per l'ombra di attività che si svolge in arsenale, ecco che, improvvisamente, spunta un "progetto" che ha bisogno proprio di superficie.

Il messaggio reale di questa ennesima mossa 'di cappello' è: prima vi impedivamo l'accesso al mare per difendere la patria (bellovero!), ora ve lo impediamo per risparmiare sulla bolletta.
E se non non era lecito soffocare il nostro paesino e la città usando come scusa la patria, figuriamoci con la bolletta.
Lo spregio per le reali necessità, non più rimandabili, dei cittadini è insito in questi progetti buoni solo per il mondo irreale che alberga nella testa di chi li propone: di quei soldi spuntati a sorpresa per il fotovoltaico qui abbiamo bisogno per bonifiche dell'amianto, per la bonifica a campo in ferro... due "problemini" per cui la marina militare non è mai disposta a spendere.
Abbiamo bisogno di spazi a mare per uscire dallo stato di blocco dell'economia locale e, in tre parole, per poter vivere.

È grottesco che l'istituzione che si propone di difendere i cittadini, finisca per trattarli come una sorta di minaccia o un fastidio da ignorare ed eludere.
Noi cittadini siamo lo Stato. E abbiamo bisogno che la marina militare ci lasci vivere. Sarebbe il suo dovere.

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